12 ottobre, 2014

Vorrei raccontarvi Genova...


In questi giorni, Genova è sulla bocca di tutti e non potete immaginare quanto questo dia fastidio ai genovesi. Genova è la città delle contraddizioni, nate da un territorio che è essa stesso un ossimoro: i monti si affacciano sul mare ed è una lotta tra i due elementi che va avanti da secoli. A volte vince la furia del mare, che si mangia le spiagge e le barche; a volte vince la terra, che  inghiotte le strade e colora il mare. I genovesi ci sono abituati, mica si stupiscono.
La rabbia dei cittadini una volta che la pioggia li ha lasciati liberi di uscire e prendere una vanga in mano, si è dispersa. Non c’è il tempo per essere arrabbiati, quindi con gli stivali di gomma sono tutti andati a dare una mano, e al più si lamentano, perché come si dice qui “il mugugno è gratis”.

Se volete venire a dare una mano, la dovete capire Genova altrimenti vi ritroverete davanti uomini che vi danno dei "foresti" e vi guardano sospettosi, perché noi che la conosciamo bene sappiamo che Genova è delicata e non ci piace lasciarla in mano a chi potrebbe rovinarla. Bisogna rispettarla Genova, che chiede sempre il suo tributo, pagato con il sudore delle strade strette ed irte che cercano di conquistarne la cima.
I genovesi in questi giorni lavorano senza sosta, una battaglia impari contro il fango e le macerie che sembrano non finire mai: svuotano cantine, accumulano i resti, qualcuno li porta via e appena ti giri ce ne sono altre e non sai da dove arrivino. Le cantine sfondate rigurgitano anni di ricordi delle famiglie perché Genova sul passato è stata costruita, ma lo nascondiamo. Siamo fatti cosi. Non esiste organizzazione, si lavora senza un piano e si rincomincia ad ogni ora. Potrebbe sembrarvi strano, potreste chiedere perché qualcuno non si mette lì e dirige i lavori ma ve lo sconsiglio, non ci importa. Abbiamo il nostro lavoro da fare, quello verrà dopo.

A noi le chiacchiere piacciono poco, siamo di modi spicci. I genovesi usano apposta due parole che può voler dire di tutto, perché non si perda tempo. Il fango lo spostiamo a forza di “belin” e “maniman” che si fa prima. Dovete capirli, i genovesi. Costretti a guardare sempre in una direzione, in avanti, dove c’è il mare perché alle spalle hai le montagne e da lì non si passa. Puoi solo buttarti sull’infinito, che da qualche parte prima o poi arrivi.
Vorrei raccontarvi di questa gente che è testarda, un po’ chiusa, schiva e molto emotiva. Siamo figli di marinai, inguaribili romantici e racconta musse decorati. Fra un paio di giorni, riavremo la nostra città e a tutti sembrerà non sia accaduto niente. Lo facciamo perché è nostro dovere, e perché cosi la gente smetterà di metterci naso, siamo gente tranquilla.
Genova è una città a cui resta il porto e il turismo, ma a quest’ultimo non ci abitueremo mai. Prima andranno via i curiosi, i giornalisti, i politici, e prima li sentirai sospirare di sollievo.

Vorrei spiegarvela, io, Genova. Ma è come la marea di fango che la sommerge ora, una cosa troppo lunga e ci vogliono troppe mani. Vi dovrei portare da ogni cittadino con il fango fin sui capelli perché possa funzionare questa cosa di spiegarvi Genova. Vi risponderanno tutti la stessa cosa, ma sarà solo dopo la millesima volta che ascoltate la risposta e che alzate un secchio di fango che incomincerete a capire.
Genova è una città che non cambia, non cambierà mai. Vogliamo che sia cosi, la sua bellezza sta nell’ergersi come le montagne che la proteggono. Ne siamo gelosi, perché sappiamo che chi la vive poi se ne innamora. Noi siamo i suoi amanti e lei è una donna capricciosa e superba. Questa città è una donna di altri tempi. E noi come teneri amanti ad ogni litigio torniamo da lei, chiediamo scusa per il trambusto e poi riprendiamo la nostra vita, attenti a non disturbarla.

Vorrei raccontarvi Genova, ora. Con la sua stanchezza e i suoi pianti. Ma nella sua vanità, non vorrebbe mai.
 
 
PS: per rispettare la sua intimità, e quella dei suoi cittadini, questo post è volutamente senza foto. Campare sul suo volto lacerato sarebbe una offesa che non mi perdonerebbe facilmente.